Archive for gennaio 2006

City of blinding lights: cartoline 2

25 gennaio 2006

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Columbus Circle.

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Redmeption Song. Tompkins Square, East Village.

(Chiedo scusa, ma è un periodo un po’ incasinato. Cercherò di scrivere qualcosa su New York al più presto)

Continua…

Dispiace

24 gennaio 2006

La logica del potere è il numero. “Più di centomila contatti al giorno!” E il blog relativo diventa potente.
E temuto. E rispettato. E strumentalizzato ( specie da chi lo fa ).

Ho notato che un blog tende ad assecondare le derive populistiche ( di chiunque ).

Per bloccarle sul nascere, questo blog torna a essere slow e one-to-one.

Io torno a studiare. Appuntamento qui fra dieci anni.

Grazie a tutti. Ciao.

Daniele

Daniele Luttazzi chiude il suo blog.
Mi dispiace, ma il ragionamento che sta alla base di questa decisione ha un senso, almeno dal suo punto di vista.

City of blinding lights: cartoline

22 gennaio 2006

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Jersey City vista dall’East River.

City of blinding lights: l’occhio del ciclone

18 gennaio 2006

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East Village.

Se c’è un posto nel mondo che rappresenta la gllobalizzazione, questo è sicuramente New York. Basta guardarsi intorno per capire che è impossibile, per esempio, definire il newyorkese tipico: si incontrano facce e corpi di ogni tipo, bianchi, neri, latinos, asiatici e tutte le possibili combinazioni. L’unico tratto comune (e qui la globalizzazione colpisce) che si vede è rappresentato dalle cuffie bianche dell’iPod, che tutti, ma propio tutti, hanno nelle orecchie, tanto che viene da pensare che se a Manhattan vieni fermato con uno Zen rischi una multa. Diffusissimi sono anche i bicchieroni di caffé (con tanto di anello di cartone per evitare di bruciarsi le mani) di Starbucks, che sembra aver preso il posto di McDonald’s a ogni angolo di strada.
Detto questo Manhattan (nonostante la cura Giuliani) rimane un luogo di contrasti stridenti, in cui basta attraversare una strada per passare da un quartiere elegante e alla moda a uno dove fino a pochi anni gli squatter occupavano i giardini pubblici, in cui cambiano le case, i colori, l’aria. Tutto tranquillo, sia chiaro, ma spesso il salto è evidente.
A pensarci, New York è la perfetta rappresentazione di quello che potrebbe (dovrebbe?) essere il villaggio globale, in cui differenze e contrasti si affiancano e si fondono per creare qualcosa di più grande della somma delle parti.

Continua…

Ciao

15 gennaio 2006

C’è stato un tempo in cui avevo un gruppo. Un gruppo in cui suonavo la chitarra ritmica (non sarò mai abbastanza bravo per fare il solista) e in cui facevo la seconda voce. Non siamo mai usciti dalla sala prove, ma qualche pezzo (semplice) fatto bene riuscivamo a tirarlo fuori, grazie in buona parte alle doti vocali della nostra cantante, l’unica che abbia mai inciso su un nastro (finito chissà dove) una mia canzone, che in questo momento è su un aereo per Sydney, dove si fermerà (almeno) per i prossimi due anni.
Questo post è un post di saluto e di auguri di buon viaggio.
Se mai decidessi di riprendere a suonare, sarebbe un po’ più difficile.

City of blinding lights: cominciamo dalla fine

12 gennaio 2006

La prima cosa da raccontare del mio soggiorno a New York è il ritorno. Con una breve premessa: un provvidenziale aggancio nella compagnia con cui ho volato mi ha permesso di effettuare il viaggio d’andata in Business Class. Una goduria con un solo difetto: il rischio di abituarcisi. Lo stesso contatto (o il mio karma, non so) non mi ha permesso di ripetere la goduria al ritorno. Perciò le sei ore circa di trasvolata atlantica fino a Londra le ho passate nella classe economica di un 747 pieno quasi all’inverosimile e con uno spazio per le gambe in cui forse solo un bambino di quattro anni sarebbe stato comodo. Tutto normale, sia chiaro, e anzi sono anche riuscito a dormire un paio d’ore. Il problema vero è stato il volo da Londra. Un po’ ho dormito, ma in effetti sembrava che l’aereo andasse stranamente lento. In più a un certo punto ha anche fato uno strano sbalzo (come se improvvisamente si fosse del tutto stabilizzato dopo una certa turbolenza). Di lì a pochi minuti il comandante ci ha avvisato che saremmo atterrati a Parigi per non meglio precisati problemi al motore, di entità minima, tipo un falso contatto sui comandi, secondo il pilota, ma tale da costringerci a fermarci un attimo per dei controlli. L’unica cosa leggermente inquietante è stata la comunicazione della hostess che quando ci diceva che stavamo per atterrare ha segnalato di identificare le porte più vicine. L’atterraggio è stato assolutamente normale, forse grazie anche alle preghiere delle suora terrorizzata che mi sedeva vicino, e le autopompe che ho visto schierate sulla pista si sono rilevate superflue, ma tra una storiua e l’altra siamo statio costretti a scendere dall’aereo e a fare la fila per essere imbarcati un altro volo si un’altra compagnia, per un totale definitivo di sei ore di ritardo.
Mi rendo conto che raccontata così suona molto peggio di come l’ho vissuta. In realtà l’unico effetto tangibile è stata una stanchezza molto superiore alle aspettative.

Continua…

Per ora vi basti questo

11 gennaio 2006

È stata lunga ma sono tornato. Se ne riparlerà a lungo nei prossimi giorni.

Buon anno

1 gennaio 2006

A voi che l’avete già festeggiato, e a me che in quel di New York lo festeggerò tra tre ore…

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