Archive for novembre 2004

Un sospiro di sollievo

30 novembre 2004

Mi riesce difficile parlare di un nuovo disco degli U2, dopo anni di assoluto fanatismo, in cui praticamente li veneravo. La delusione di All that you can’t leave behind (che comunque voglio risentire, per capire se è davvero così brutto) era stata difficile da sopportare. Mi sentivo come se fossi stato tradito da una persona di cui mi fidavo. Perciò non sapevo cosa aspettarmi da questo nuovo album e temevo di rimanere nuovamente scottato. Non è facile accettare il fatto che quello che è stato il tuo gruppo preferito, di cui hai almeno 40 bootleg su cassetta (peccato che il periodo dei noleggi di cd e quello dei masterizzatori non abbiano coinciso) sepolti da qualche parte, di cui conosci quasi tutte le canzoni a memoria, il gruppo con cui hai sognato di suonare (non scherzo, mi è successo davvero: incontravo The Edge a Fontana di Trevi e finivamo a suonare insieme dal Teschio, una scassatissima sala prove di tre metri per quattro che si trova da quelle parti…), e per cui ancora nutri una stima immensa nonostante tutto, produca non uno, ma due dischi decisamente brutti.
Fortunatamente non è andata così. How to dismantle an atomic bomb è davvero un bel disco, con dodici tracce robuste e cariche, che ti fanno pensare che non è solo Bruce Springsteen ad avere qualcosa da dire nella lingua del rock.

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Due su tre

27 novembre 2004

Settimana cinematografica, la mia. Ho visto tre film in tre giorni, uno a casa e ben due al cinema. La cosa non mi capita così spesso, ma mi piace, soprattutto se il livello medio è così buono.
La maratona è iniziata mercoledì a casa con Ju-on, un horror giapponese di cui sta per uscire un remake americano con Sarah Michelle Gellar nel ruolo della protagonista. Atmosfere cupe, tipico pessimismo giapponese e tensione a pacchi, con una regia sapiente nel caricare con inquadrature e musica d’atmosfera, ma forse un po’ anticlimatica nel momento di farti saltare dalla sedia. Tutto sommato un discreto film, anche se non riesce a raggiungere il livello di The Ring o di The Others.
Giovedì è andata decisamente meglio. Alien vs. Predator è uno di quei film che mi fanno uscire dal cinema soddisfatto e felice. Un film così non può prendersi sul serio o provare ad avere una trama che sia più di una giustificazione, ma deve avere azione, coattanza e battute fulminanti. L’importante è che mantenga quel che promette, e non è una cosa che succede così spesso come può sembrare. Quando sono uscito dal cinema mi sentivo esattamente come quando ho visto uno dei migliori film d’azione degli ultimi anni, Speed. Alien vs. Predator è puro divertimento. Certo, se cercate un film psicologico avete sbagliato indirizzo, ma potevate anche prevederlo…
In America si dice “save the best for last”, tieni il meglio per la fine, e ieri sera è stato proprio così, grazie a un improvviso invito che mi ha salvato da Caterina va in città. Gli Incredibili è un vero spasso, un tripudio di battute, trovate, gag e citazioni che hanno fatto la gioia di un vecchio appassionato di supereroi come me. Il tutto con una realizzazione tecnica impressionante. Ho riso a crepapelle per quasi tutte le due ore del film, e nelle rare e brevi pause sono rimasto letteralmente estasiato dalla bellezza dei disegni e delle animazioni. Per quel che mi riguarda, Gli Incredibili è il miglior film della Pixar, cioè un vero e proprio capolavoro. Non vedo l’ora che esca in dvd per rivederlo a casa…

Un nuovo logo

26 novembre 2004

Vi potrei parlare del nuovo disco degli U2, bello davvero, o di Alien vs. Predator, che ho visto ieri con somma gioia, ma tra ieri e oggi mi sono messo un po’ a giocare con su Freehand il logo dell’anticostagno. Il risultato lo vedete qua sopra.
Spero che vi piaccia. Delle altre cose parleremo poi.

P.S.: il cambio di logo porterà anche a qualche cambio nel negozio, ma per questo ci vorrà un po’ di tempo…

La forza del saper raccontare

23 novembre 2004

Stamattina il mio feedreader mi ha segnalato questo post di Brontolo, su Macchianera. Di solito è un personaggio caustico e un po’ cinico (ma i suoi post sono sempre godibili), ma questa volta ha scritto un piccolo racconto di vita che posso solo definire bellissimo. Leggetelo, ne vale la pena. Davvero.

Brevi riflessioni sul nuovo disco degli U2

22 novembre 2004

Premessa: il disco non l’ho ancora sentito tutto, il titolo nasce dal fatto che è stato pensando a questo disco che mi sono venute in mente un paio di cose.
Per quanto io sia favorevole al file-sharing mi sono reso conto che scaricare canzoni singole snatura la natura di un disco. Certo, è utile sentire qualcosa prima di decidere di spendere una ventina di euro per comprare un cd, ma l’ascolto di un disco completo dall’inizio alla fine è un’altra cosa. Un album non è fatto solo dalle canzoni che lo compongono, ma anche dalle sensazioni che la successione delle canzoni stesse suscita: provate a immaginare il vostro disco preferito con la track-list in ordine inverso o casuale. La scelte dell’ordine delle canzoni non è mai (spero) casuale, ed è parte integrante dell’album stesso, è una delle componenti che lo rendono migliore (se è buono) della somma delle sue singole parti. Di queste singole parti, tra l’altro, fanno parte anche la copertina, il packaging, il libretto e tutte quelle altre cose che si perdono scaricando le canzoni o includendole in bundle a un iPod, per quanto bello.
Secondo. Forse, in qualche modo un po’ perverso, l’idea che i dischi costano troppo si sta affacciando anche nella testa dei dirigenti delle case discografiche. How to dismantle an atomic bomb infatti viene venduto a 22,30 euro, ma con incluso un dvd di contenuti speciali. Il prezzo non cambia, ma almeno aggiungono qualcosa. Questo peraltro dimostra ancora una volta che i prezzi dei cd sono gonfiati in maniera assurda: come si spiega infatti che si può vendere un disco con un dvd praticamente allo stesso prezzo di un cd? Oppure come è possibile che Rolling Stone alleghi alla rivista un cd di tracce live aggiungendo cinque euro al prezzo di copertina? La risposta mi pare ovvia: perché i cd normalmente sono venduti a un prezzo spropositato. Personalmente preferirei un prezzo più basso con meno fronzoli, ma forse questo è un inizio…

Buon viaggio!

19 novembre 2004

Chi mi conosce sa che ormai da diciotto anni sono un accanito role-player. Tutto cominciò in quinta elementare, quando per la prima volta un compagno di classe mi invitò insieme ad altri tre amici a giocare a un nuovo, strano gioco da tavola senza tabellone: Dungeons & Dragons. Il mio primo personaggio fu uno hobbit (anche se si chiamavano halfling) e l’avventura era quella inclusa nel manuale di base. Il mio secondo personaggio fu un chierico di razza mezzelfa di nome Ivanhawk. Per i diciotto anni successivi ci siamo visti più o meno una volta a settimana per giocare a D&D, abbiamo visto crescere, morire o diventare dèi i nostri personaggi, abbiamo affinato (poco, per la verità) le nostre tecniche di investigazione e giocato in diversi scenari più o meno realistici, con diversi compagni che sono andati e venuti intorno al nostro gruppo storico, senza quasi mai interrompere il gioco, a dispetto di tutto. La pausa più lunga finora è stata di quattro mesi, un paio di anni fa a causa di un Erasmus del nostro master.
Questo record purtroppo sta per essere battuto: il nostro master infatti sta per partire per un viaggio di sei mesi in quel dell’India, e questo post serve per salutarlo e fargli il più grande degli in bocca al lupo. La mia speranza è che non tocchi a noi andare a trovarlo in India interpretando dal vivo un’avventura di ricerca, anche perché so che sarebbe in pessime mani. Mi basta che al suo ritorno l’avventura ricominci…

È dura fare il critico…

16 novembre 2004

Non so voi, ma a me piace fare le cose per bene. Per quello che mi è possibile cerco sempre di fare quello che faccio il meglio possibile, sul lavoro, nei vari hobby (e spero che almeno qui si veda) e nella vita privata. Per fare un esempio, ho combattuto per dieci giorni riempiendo pagine e pagine del mio moleskine da lavoro con un claim per una campagna che sto realizzando e, dopo averne trovato uno perfetto, ho scoperto che era già utilizzato da un’altra parte. Perciò eccomi qui a scervellarmi ancora, cercando di trovare qualcosa di altrettanto buono. Questo mio atteggiamento mi fa sorgere una domanda: solo io sono così?
Vi spiego: giovedì sera ero a casa a fare zapping, cercando qualcosa di interessante da vedere. Finisco su Cult Network e trovo una trasmissione dedicata ai Pink Floyd. Mi fermo. I video e la musica si alternano a Gino Castaldo (credo, almeno la trasmissione era curata da lui) che racconta aneddoti e curiosità sulla band: mentre si parla di Sid Barrett, Castaldo lancia la canzone che il gruppo gli ha dedicato dopo il suo abbandono, I wish you were here. Proprio così, anzi, come conferma la sovrimpressione alle prime immagini del video, I whish you were here. Ora, se l’errore nella sovrimpressione può anche essere un refuso (una ‘h’ può sfuggire), io mi chiedo come è possibile che uno dei più famosi e stimati critici musicali italiani, uno che dovrebbe sapere perfettamente di che cosa sta parlando non conosca il titolo di una delle canzoni più famose della storia della musica, una di quelle quattro o cinque canzoni che chiunque abbia mai preso in mano una chitarra sa suonare? La risposta è che non è possibile. Non ci credo.
E allora? Distrazione? Marchetta fatta talmente di fretta o di malavoglia da non poter neanche rifare una ripresa?
Io propendo per la seconda ipotesi, ma quello che mi fa rodere è che una marchetta può essere fatta bene senza sforzarsi se non quel minimo che serve, soprattutto se è fatta nel tuo campo. Pecunia non olet, ma la credibilità e la soddisfazione per un lavoro ben fatto hanno un odore migliore, almeno dalle mie parti…

P.S.: sulla critica, in particolare quella musicale e quella cinematografica (sulla quale trovate qualcosa qui), avrei molto da dire, ma lo farò prima o poi. Credo che comunque come la penso si sia già capito…

Primo tuffo, un anno dopo

11 novembre 2004

Questo è un post importante, almeno dal punto di vista temporale. Esattamente un anno fa su Splinder faceva capolino il blog 45624, l’antico stagno. Timidamente, per la verità, ché non avevo ancora capito le potenzialità e il piacere di usare un mezzo così semplice ma così potente. Da quel giorno non ho scritto tantissimo, poco più di cinquanta post in un anno, almeno per gli standard di alcuni blog, ma vedere pubblicato ogni singolo post è stato un bel momento, e leggere i commenti ricevuti è stato sempre un piacere.
Oggi l’anticostagno è cresciuto: il nome è tutto attaccato, che fa più figo, io scrivo molto più spesso (e sembra anche che qualcuno apprezzi), il blog ha più contatti e uno spazio tutto suo. Quello che non è cambiato è lo spirito con cui apro la pagina di Movable Type o il documento di Word o il Moleskine che uso quando non ho un computer a disposizione e mi metto a scrivere. Uno spirito che è riassunto perfettamente nel post che ha inaugurato questo blog.

Primo tuffo. Un blog. Per scrivere di quello che mi va, per parlare di quello che voglio, per avere un mio spazio sulla rete. Per queste ragioni ma non solo per queste. Per fare come la rana dello haiku di Basho, che si tuffa nello stagno e che, attraverso il suono che produce, fa capire veramente il silenzio. I post che appariranno su queste pagine cercheranno di fare proprio questo: fare un piccolo splash e, magari, provocare una piccola eco. Senza la pretesa di diventare grande, o di essere autorevole: nell’antico stagno troverete le idee, i gusti e i pareri miei e di chi scriverà qui su qualunque cosa mi (ci) passerà per la mente. E poi, vedremo che succederà. Questo, d’altronde, è solo il primo tuffo.

Novità di vario genere

10 novembre 2004

A lavoro ho avuto poco da fare perciò ho dedicato buona parte della giornata al blog, e ho raggiunto qualche risultato:
1. È ufficialmente aperta la sezione Download. Andate sulla pagina dei <a href=”link.html”>link e scorrete un po’ verso il basso. Troverete due wallpaper da scaricare (se vi piacciono, ovviamente). Nei prossimi giorni ne aggiungerò qualcun altro e altre cosette seguiranno (se qualcuno conosce un programmino per fare i salvaschermi, per esempio, potrebbe essere utile…).
2. Se guardate la colonna sulla destra noterete una nuova icona: ho deciso di aprire un negozio su CafePress. Ci troverete magliette, e amenità varie dell’anticostagno. Questa scelta ha due motivi fondamentali: il primo è legato al mio ego, che si esalterebbe notevolmente a vedere qualcuno in giro con una maglietta dell’anticostagno; il secondo è più miseramente economico. Il dominio che ospita il blog è a pagamento (35,99 € all’anno, se non mi sbaglio) e l’eventuale vendita di merchandising – mamma mia che parolone! – verrà usata interamente per coprire le spese di gestione. So già che i prezzi delle cose in vendita non sono proprio bassi, ma purtroppo non ho scelta: Cafepress impone su ogni articolo un prezzo di base (per la materia prima e la lavorazione), a cui il gestore del negozio aggiunge quello che vuole guadagnare, nel mio caso 1 dollaro e 1 centesimo. Per fare un esempio concreto la t-shirt che io ho messo a 18 dollari ha un prezzo di base di $16.99. La mia scelta è stata di cercare di tenere i prezzi più bassi possibile, e anche sulle spese di spedizione (che non so a quanto ammontino) non ho alcun controllo.
Sia chiaro, non ho alcuna intenzione si obbligare nessuno a comprare niente e non mi va neanche di mettere banner pubblicitari, che rendono poco e rallentano i caricamenti, anche perché il fare pubblicità a qualcosa o qualcuno è una decisione che voglio prendere io e basta, né voglio mettere un account di PayPal, ché chiedere soldi senza offrire nulla mi pare squallido. Il negozio è una forma di finanziamento che mi sembra valida: io ci guadagno poco e vio avete in cambio qualcosa di concreto.
Ah, un’ultima cosa: nella remota eventualità che le entrate dovessero superare le spese di gestione mi impegno fin da ora a devolvere il guadagno in beneficenza e di renderne conto pubblicamente sul blog.

Beta testing: commenti e varia umanità

9 novembre 2004

Il periodo di adattamento alla nuova versione dell’anticostagno procede. Sto piano piano imparando a usare le tante opzioni che Movable Type offre, e sto imparando che cosa vuol dire avere tutto sotto controllo. A volte passo del tempo connesso con l’interfaccia di gestione solo per vedere quali sono le cose che posso o non posso fare, e già solo questo mi diverte molto.
Ho un solo dubbio, sul quale vi chiedo un parere: che fare dei commenti che c’erano su Splinder? Ho già scritto nell’ultimo post di là che non avrei chiuso la vecchia versione dell’anticostagno, ma non so se copiare (manualmente) i commenti che avevo ricevuto. Se ci fosse un modo per importarli in automatico non avrei dubbi, ma così devo incollare ogni collegamento singolarmente e, tra l’altro, sballare tutte le date. Mi sembra un po’ una forzatura nei confronti di chi aveva scritto, ma mi dispiace anche non avere qui i commneti passati.
Che ne pensate? Fatemi sapere con un commento, grazie!
P.S.: ho anche appena aperto un account su flickr. Non appena riuscirò a capire come funziona, probabilmente ne vedrete qui gli effetti…